Via anteriore diretta, l’approccio più conservativo e rispettoso dei tessuti per l’impianto di una protesi d’anca.
Nell’ambito della chirurgia protesica d’anca si sente sempre più parlare di intervento per via anteriore diretta. Si tratta solo di una “moda” oppure la tecnica comporta vantaggi reali? Come si svolge l’intervento e in quali casi è preferibile? A questa e ad altre domande rispondo in questo articolo cercando di fare un po’ di chiarezza.
La via anteriore mini invasiva è l’unica vera tecnica mini invasiva in quanto non prevede il distacco né dei tendini né dei muscoli e prevede il passaggio tra piani inter-nervosi. In sostanza trattasi di una tecnica chirurgica realmente mini invasiva, nel senso di rispetto e salvaguardia globale dei tessuti. Rispetto alla chirurgia protesica tradizionale la tecnica mini-invasiva presenta vantaggi unici.
Tornare a camminare e guidare con un ricovero di soli 2-3 giorni: grazie alle tecniche mini invasive di chirurgia all’anca il recupero avviene in tempi record. Non è una fortunata coincidenza, ma il risultato dei grandi passi compiuti dalle tecniche chirurgiche negli ultimi 10-15 anni. Oltre all’innovazione tecnologica, a cambiare è stata anche la tipologia di pazienti che si sottopongono ad interventi di protesi all’anca. E con loro, sono cambiate le aspettative sulla ripresa delle attività possibili dopo l’intervento.
Cosa significa impiantare una protesi d’anca?
Quando parliamo di protesi articolari ci riferiamo a quegli impianti artificiali progettati per sostituire, in toto o in parte, le porzioni articolari danneggiate da traumi o patologie la più comune delle quali è l’artrosi. Nel caso dell’anca, a essere sostituiti sono la testa del femore e l’acetabolo, quella sfera cava che contiene la testa del femore stessa e che si trova all’interno del bacino Le protesi d’anca possono avere forme leggermente diverse ed essere costruite con materiali differenti, ma una delle differenze fondamentali risiede nella tecnica chirurgica utilizzata per inserire l’impianto. Negli ultimi tempi è sempre più utilizzata la tecnica per via anteriore diretta che, a differenza delle più classiche vie laterale e postero-laterale, garantisce un grado di invasività molto ridotto con un risparmio notevole dei tessuti molli peri articolari.
Quanto dura una protesi d’anca?
Ad oggi grazie alla presenza di materiali più moderni e all’affinamento delle tecniche chirurgiche, la durata delle protesi d’anca si è estesa notevolmente arrivando a superare persino i 30 anni. Le nuove tecnologie impiegate nella fabbricazione delle protesi d’anca hanno permesso di sfruttare le potenzialità di nuovi materiali per la realizzazione degli impianti, più confortevoli e resistenti. Le protesi d’anca sono costituite principalmente da 2 o 3 materiali, che differiscono in base alla tipologia scelta: titanio , ceramica e polietilene La testa delle protesi viene solitamente realizzata in ceramica. La coppa acetabolare e lo stelo invece sono sempre di metallo ( titanio ). L’inserto che viene posizionato nella coppa acetabolare può essere in ceramica o polietilene. Proprio l’utilizzo di teste in ceramica ad ampio diametro con inserti anch’essi in ceramica ha permesso di allungare la durata delle protesi sino ad oltre i 40 anni.
Le tecniche mini invasive e la via anteriore
Il continuo perfezionarsi delle tecniche chirurgiche ha consentito nel tempo lo sviluppo di procedure mini-invasive – che cioè provocano ai tessuti traumi chirurgici molto ridotti – in grado di garantire risultati del tutto sovrapponibili alle tecniche tradizionali in termini di esito a medio e lungo termine e addirittura migliori nel breve termine, spesso con un risultato estetico più soddisfacente (cicatrici cutanee ridotte ) La via anteriore si inserisce alla perfezione nell’ambito delle procedure mini-invasive. A differenza delle tecniche tradizionali infatti, prevede un taglio cutaneo ridotto (7-8 cm contro i 15 circa della laterale e postero-laterale) e soprattutto non presenta la necessità di effettuare tagli muscolari o disinserzioni tendinee. Con questa tecnica si sfrutta lo spazio virtuale esistente tra i muscoli, che vengono infatti semplicemente divaricati, per accedere all’articolazione. Come suggerisce il termine stesso, il taglio avviene nella regione anteriore del corpo all’altezza dell’inguine per cui il paziente viene posizionato supino durante l’intervento. Questo particolare non è affatto insignificante: nel caso di protesi bilaterale ad esempio, è possibile creare un solo campo chirurgico perché non occorre spostare il paziente da un lato all’altro con conseguenti vantaggi in termini di tempistiche chirurgiche e di esposizione ai batteri, riducendo i rischi di infezione.
Vantaggi e svantaggi
Ciò che attualmente si può asserire con ragionevole certezza è che, i pazienti che vengono operati per via anteriore, si riprendono più velocemente rispetto a chi riceve gli altri accessi; esistono, inoltre, diversi vantaggi per il paziente come:
- una sensibile riduzione del dolore, per la mancata sezione muscolare;
- una minore perdita di sangue, per la preservazione dei muscoli e dei loro vasi sanguigni;
- una degenza ospedaliera ridotta, per il minor dolore manifestato e la deambulazione con carico già dai primi momenti dopo l’intervento;
- la prevenzione della zoppia postoperatoria, per la mancata sezione muscolare;
- un minor rischio di lussazione, per il mantenimento della piena funzionalità muscolare;
- una ripresa completa più rapida, per le ragioni prima menzionate e per i percorsi riabilitativi FAST-TRACK che con tale via chirurgica si possono applicare;
- la possibilità di eseguire un intervento di sostituzione protesica bilaterale, per una minor perdita di sangue e la sensibile diminuzione del dolore. I vantaggi non si riducono a quelli che ho accennato qui sopra, ma sono molto numerosi, specie nell’immediato periodo post-intervento. Poiché si mantiene integra la muscolatura il rischio di lussazione è pressoché nullo e di conseguenza non è necessario rispettare le classiche precauzioni post-operatorie quali il divieto di accavallare le gambe, l’utilizzo dell’alzawater, il divieto di indossare autonomamente calze e scarpe, ecc.
Per quanto riguarda le controindicazioni, in genere si tratta di un tipo di intervento che viene sconsigliato nei pazienti obesi . Anche in questi casi però la questione fondamentale è l’esperienza maturata dal chirurgo nell’eseguire queste operazioni: un chirurgo con alle spalle molti interventi di questo tipo sarà in grado di orientarsi senza problemi mentre per un chirurgo alle prime armi sarà preferibile utilizzare una tecnica tradizionale in modo da evitare un inutile prolungamento dell’intervento, con conseguente necessità di prolungare l’anestesia e un malposizionamento delle componenti che può favorire la lussazione e ridurre la durata dell’impianto.
La tecnica “bikini incision”
Una particolare variante dell’intervento per via anteriore è la cosiddetta tecnica “bikini incision”. La principale differenza consiste nella direzione del taglio cutaneo che non avviene longitudinalmente, ma in diagonale, seguendo la piega dell’inguine. Il risultato offre un vantaggio prettamente estetic, ma comunque da non sottovalutare, visto che l’età dei pazienti va sempre più abbassandosi: la cicatrice posta a livello dell’elastico degli slip è molto facile da nascondere risultando pressoché invisibile quando si indossa il costume da bagno.
Come si vive con la protesi all’anca?
A dispetto di quanto si possa pensare, la vita dopo un intervento di protesi all’anca è sostanzialmente normale anche se prevede ovviamente qualche accortezza in più per quanto riguarda i movimenti estremi nel primo periodo post-operatorio . La presenza di una protesi all’anca non comporta infatti specifiche variazioni per le attività quotidiane specialmente per quelle prevalentemente sedentarie né per quelle lavorative se non comportano movimenti estremi.
Per quanto concerne le attività sportive il discorso va sempre affrontato con il paziente perché non sono vietate ma ci sono delle limitazioni che devono essere conosciute. L’età media dei pazienti che si sottopongono ad un intervento di protesi d’anca per via anteriore è di 60 anni nella mia casistica operatoria che conta più di 1000 interventi eseguiti come primo operatore .
La protesi all’anca infatti non riguarda più solo persone anziane, che vogliono riuscire a camminare senza bastone e in maniera indolore, ma anche persone più giovani, che desiderano tornare non solo alle attività quotidiane ma anche a praticare attività sportiva come facevano prima dell’insorgenza del dolore”. Persone che, ad esempio, sono nate con una displasia o con una patologia artrosica, e che cominciano ad avere problemi di deambulazione o dolore intorno ai 40-45 anni di età.
In assoluto possono essere praticati tutti gli sport , evitando solamente quelli in cui l’articolazione sarebbe sottoposta a traumi ad alta energia ( es. paracadutismo ) . Per tornare a svolgere attività sportive di intensità medio alta è necessario attendere i naturali tempi di recupero muscolare e seguire una riabilitazione di almeno un paio di mesi generalmente, ma il ritorno alle attività quotidiane di base è pressoché immediato.
Quanto tempo serve per camminare dopo protesi anca?
Dopo aver subito un intervento di protesi all’anca, il paziente può camminare con supporto di stampelle già lo stesso giorno dell’operazione. La ripresa completa della deambulazione, invece, avviene dopo circa 7 giorni dall’intervento e nel 90% dei casi già dopo 21 giorni il paziente con protesi all’anca è già autosufficiente nelle sue attività e nell’igiene personale e nella guida.
Quanto dura il dolore dopo protesi anca?
Il decorso post-operatorio di un intervento di protesi all’anca si compone di diverse fasi, necessarie per assicurare la completa guarigione del paziente e la totale ripresa delle funzionalità motorie. Ad intimidire maggiormente i pazienti, spesso, è il dolore post-intervento: si tratta di un sintomo assolutamente normale che si manifesta nell’immediato post-operatorio e nei primissimi giorni di degenza. Grazie alle moderne tecniche di anestesia ed ai protocolli farmacologici di controllo del dolore la sintomatologia è assolutamente tollerata dai pazienti.
Quanto dura la degenza di riabilitazione dopo una protesi all’anca?
La degenza in ospedale, nel reparto ortopedico, dopo un intervento di protesi all’anca è essenzialmente breve e dura dai 3 ai 5 giorni. Con il supporto di un fisioterapista, si inizia già dal primo giorno di ricovero il percorso di riabilitazione. In questa fase, è fondamentale che il paziente torni a muoversi sin da subito per ridurre il dolore all’articolazione e a minimizzare possibili conseguenze date dall’operazione chirurgica. I primi passi del percorso si focalizzano su specifici esercizi fisioterapici pensati per rimettere in piedi il paziente, rieducarlo alla deambulazione nel minor tempo possibile e recuperare il tono muscolare che sicuramente sarà ridotto. Ovviamente, il percorso di riabilitazione continua anche dopo la fine del periodo di degenza ospedaliero. Di base, anche se si tratta di un percorso di durata variabile, la riabilitazione dura dalle 8 alle 10 settimane. Le sedute con il fisioterapista possono avere invece una cadenza di 2-3 volte alla settimana, in base alle necessità del singolo paziente